Divorzio: implicazioni psicologiche e diritti dell’ex coniuge

Sono sempre di più le persone che si rivolgono ad un avvocato divorzista a Milano per porre la parola fine al loro matrimonio. Il divorzio comporta una riorganizzazione della propria vita sia in termini economici che psicologici. Secondo Bohannan, ad esempio, esistono 6 dimensioni nel divorzio:

  • divorzio emozionale: è la fine o meglio lo scioglimento del progetto di vita in comune e la rinuncia a tutti i momenti di vita trascorsi insieme fino ad a quel momento;
  • divorzio legale: è lo scioglimento legale del vincolo matrimoniale;
  • divorzio economico: modifica dello status economico che crea disagio in uno dei due coniugi;
  • divorzio comunitario: allontanamento dalla famiglia, dalla casa e dagli amici;
  • divorzio genitoriale: quando per motivi di incompatibilità cessa di esistere il legame genitori- figli;
  • divorzio psicologico: è la separazione non legale, né fisica, ma mentale dall’altro e l’imparare a vivere senza il coniuge.

 

Il divorzio come lutto

Se il matrimonio termina per volontà di uno solo dei due coniugi, lo scioglimento può essere vissuto come un vero e proprio lutto. Si tratta di un’esperienza di perdita di grande dolore e che provoca un profondo malessere. Nell’elaborazione psicologica del divorzio si ripercorre il modello ciclico del lutto:

  • nostalgia del passato
  • negazione del divorzio e illusione della speranza di una riconciliazione
  • profonda collera e frustrazione per la sensazione di essere stati ingannati e per la delusione subita
  • attribuzione di tutti i propri dolori e problemi della vita all’ex coniuge che diventa così “la rovina della propria vita”
  • tristezza per il senso di solitudine che pervade l’anima e le giornate

Richiesta danni psicologici

Molto spesso le cause di divorzio sono lunghe, dolorose ed estenuanti. Spesso l’assistito chiede al suo legale se può ottenere un risarcimento danni morali. Se ad esempio la fedeltà reciproca sancita dall’articolo 143 viene meno, il coniuge che ha subito il tradimento può richiedere alla controparte una richiesta di risarcimento danni morali, accusandola di essere la causa della separazione e della fine del matrimonio. Anche la violazione dell’articolo 148 può essere causa di divorzio nonché di richiesta di risarcimento danni, ossia il mancato provvedimento al sostentamento economico dei figli e della famiglia in relazione alle proprie sostanze. Bisogna però dimostrare e motivare la richiesta risarcimento danni morali. Nel caso dell’infedeltà, bisogna provare che il tradimento sia avvenuto non recentemente e non dopo l’inizio della crisi coniugale. L’infedeltà ai danni del coniuge per lungo termine può essere dimostrata come causa non solo della fine del matrimonio, ma anche per i danni psicologici subiti dall’umiliazione del tradimento del coniuge.

Diritti dell’ex coniuge dopo il divorzio

Ciascun coniuge perde dopo il divorzio i diritti successori sull’altro. Se la sentenza decreta il diritto all’assegno di mantenimento, allora il soggetto avrà anche la pensione di reversibilità dell’ex coniuge defunto. Se si decreta la comunione legale, allora si provvederà a dividere a metà i beni dei coniugi. Il decreto Grilli del 2017 ha riformato il diritto di famiglia e le caratteristiche per la richieste dell’assegno di mantenimento. Non è più contemplato il diritto al mantenimento per mantenere lo stesso tenore di vita avuto durante il matrimonio, ma solo l’assegno di mantenimento economico in caso di non autosufficienza del coniuge. Ovviamente non possono essere equiparate una situazione di un matrimonio durato poco e senza particolari rinunce del coniuge a un legame tipo ventennale per cui il coniuge ha rinunciato ad esempio alla propria carriera lavorativa per crescere i figli. Per concedere l’assegno di mantenimento dopo il divorzio all’ex coniuge il giudice considera la durata del matrimonio, la condizione economica di entrambe le parti, i comportamenti durante il processo e i beni posseduti da entrambi. Solo dopo aver valutato tutti questi dati si deciderà se concedere o meno l’assegno.