La sostenibilità, più che una moda passeggera, è diventata una vera e propria filosofia di vita che sta investendo sempre più settori del commercio e dell’industria, compresa la moda. Quello che può essere definito come un movimento “green” è nato e si è sviluppato dopo gli ultimi sconvolgimenti climatici: dagli tsunami alle bombe d’acqua allo scioglimento dei ghiacciai che stanno mettendo seriamente in pericolo il nostro pianeta.
In tale contesto è nata la moda sostenibile, finalizzata a promuovere un cambiamento etico ed eco-friendly dell’intera catena di produzione di capi d’abbigliamento ed accessori. Bisogna ragionare a 360° quando si parla di moda sostenibile, che punta a creare condizioni di lavoro più etiche per i lavoratori spesso sottopagati e una filiera produttiva realmente virtuosa che usa materiali naturali in sostituzione delle materie prime che richiedono un processo produttivo molto costoso e altamente inquinante.
Possiamo dire che la moda sostenibile è “figlia” della slow fashion, a sua volta nata in contrapposizione alla fast fashion. Scopriamo come funzionano e perché sono così nettamente agli antipodi.
Cos’è la fast fashion
Fast fashion letteralmente significa moda veloce e indica un design che dalle passerelle passa rapidamente alla commercializzazione e al lancio delle collezioni sul mercato. Le linee della moda sono progettate e prodotte in modo rapido ed economico, per consentire ai consumatori di acquistare un gran quantitativo di merce a basso costo.
Il modello si è sviluppato negli Stati Uniti ed è stato adottato da diversi brand, che hanno fatto della fast fashion il loro cavallo di battaglia. La fast fashion può essere considerata una moda usa e getta, poiché viene immessa sul mercato una grande quantità di merce a prezzi bassi che viene usata pochissime volte.
Gli acquirenti finali infatti, ingolositi dalla possibilità di acquistare tanti capi d’abbigliamento e accessori a basso costo, fanno incetta di vestiti e abiti che vengono indossati pochissime volte. Per sostenere una produzione così voluminosa e a basso costo vengono utilizzati materiali di scarsa qualità. I capi d’abbigliamento vengono quindi realizzati con materiali inquinanti, durano poco e vengono utilizzati ancor meno. Questo meccanismo non fa altro che aumentare significativamente il livello di inquinamento ambientale.
Cos’è la slow fashion
La slow fashion, nata in aperta contrapposizione alla fast fashion, significa invece moda lenta e nasce come modello di produzione sostenibile finalizzato a ridurre l’inquinamento ambientale. Il movimento innanzitutto punta a contrastare la sovrapproduzione di capi d’abbigliamento per soddisfare l’enorme domanda mondiale e coinvolge gli artigiani locali che fanno uso di materiali ecocompatibili. Già con questa mossa si salvaguardia l’artigianato del posto e si riduce lo sfruttamento massiccio di materie e prodotti inquinanti.
La slow fashion propone un modello di business finalizzato a porre un freno al consumismo sfrenato, al quale partecipano tanto i brand quanto i consumatori. Le aziende di moda producono una quantità industriale di collezioni e i consumatori fanno incetta di articoli, capi d’abbigliamento e accessori anche se non ne hanno bisogno.
La slow fashion utilizza invece esclusivamente tessuti e materie naturali, che non hanno alcun impatto sull’ambiente circostante. I prodotti realizzati in fibre naturali garantiscono quindi una maggiore resistenza e durata nel tempo e anche una migliore qualità, che si traduce in una perfetta vestibilità e maggiore protezione della pelle.
Tutti i principali brand, anche quelli che fino a poco tempo fa facevano della fast fashion il loro principale cavallo di battaglia, hanno sposato i principi della slow fashion. Dalla Milano Fashion Week agli altri grandi appuntamenti di alta moda, come Parigi, Londra e New York, i principali atelier hanno lanciato collezioni ecosostenibili e basati principalmente su materie naturali.
Come imparare ad essere sostenibili
La slow fashion ha favorito la nascita di concetto sostenibile nell’ambito della moda, che deve essere però letto e interpretato nel modo giusto. Se da un lato le aziende devono capire l’importanza di convertirsi ad una produzione green e a basso impatto ambientale, d’altro lato gli stessi consumatori devono imparare a spendere in modo più oculato ed essere sensibilizzati sull’importanza della moda ciclica.
Per prima cosa quindi va messo al bando il consumismo sfrenato, che porta i consumatori ad acquistare cose e oggetti di cui spesso non hanno neanche bisogno. Secondariamente bisogna comprendere come riutilizzare i capi d’abbigliamento e donare loro una seconda vita.
Acquistare abiti usati è una pratica altamente sostenibile, ma richiede comunque attenzione. Bisogna infatti scegliere in modo mirato cosa si acquista: non ha molto senso comprare un abito realizzato con materiali di bassa qualità o rovinato e che quindi dopo poco tempo finisce nella spazzatura. Secondariamente acquistare usato non deve essere una scusa per comprare in modo smisurato e senza sensi di colpa, altrimenti si rimette in circolo lo stesso meccanismo della fast fashion.
Infine bisogna anche donare con attenzione, poiché se si ricicla una grandissima quantità di abiti c’è il rischio di non poterli smaltire correttamente o addirittura che vengano bruciati proprio per le difficoltà nello smaltimento.